Passeggiando in via Campazzino

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Negli ultimi tre articoli abiamo esaminato la storia del borgo di Castellazzo, sito a cavallo della via Campazzino nel suo tratto orientale, che inizia dalla via Verro; la via tuttavia prosegue con numerose diramazioni, che portano a varie cascine, che analizzeremo qui di seguito.
Va detto subito che se la passeggiata fosse stata fatta circa 30 anni fa il panorama sarebbe stato ben diverso, non tanto per la presenza di nuovi edifici, molto limitata (ci troviamo nel territorio del Parco Agricolo Sud Milano) quanto per lo stato di conservazione della cascine di cui andrò a parlare.
Iniziamo attraversando la bretella (via Virgilio Ferrari) dal borgo di Castellazzo in direzione ovest; superato il primo fabbricato sulla destra, forse di origine rurale ma non documentato, dopo un’ampia curva verso sinistra si diparte dalla strada una prima diramazione: essa non porta a nessuna cascina (se non a Cascina Trebbia mediante un’ulteriore diramazione piuttosto lunga, ma ne parlerò in un altro articolo), però congiunge a via Treccani degli Alfieri mediante un sentiero; tutti questi sentieri e strade di cui parlerò è consigliabile vengano percorsi in compagnia, per motivi di sicurezza. Superata la diramazione, sulla destra si apre un bel viale alberato, che conduce al civico 48 della via. Ci avviamo sul viale e, superata un’azienda posta sulla destra, al termine del vialetto, girando a sinistra, ci troviamo davanti alla Cascina Gandina, citata già sulla carta del Claricio (1600). La cascina è in stato di abbandono da diversi anni, prima ancora che l’ultimo proprietario facesse richiesta alla Provincia al fine di realizzare 22 unità abitative nella cascina (il parere era necessario in quanto la cascina è inserita nel territorio del Parco Agricolo Sud Milano), richiesta accolta a patto che il richiedente presentasse un progetto di inserimento ambientale dell’intervento che contemplasse la piantumazione delle aree a verde e del parcheggio con essenze autoctone, lasciasse nella facciata del lato est le aperture nel graticciato a mattoni pieni e si dotasse di sistemi di produzione di energia da fonti rinovabili; il proprietario è deceduto pochi mesi fa, ed ora la cascina potrebbe essere messa in vendita.
L’edificio principale della cascina è preceduto sulla sinistra da un paio di fabbricati ad uso magazzino ed abitazione; la sua facciata ha un ingresso ad arcata e due antiche insegne recanti il nome di fianco allo stesso; sulla sinistra si allunga con alcuni balconcini che collegano ai due citati fabbricati, mentre sulla destra si estende un andito rurale, stalla o fienile.
Una vota entrati, ci si affaccia su una corte a tre lati ormai in abbandono; all’interno dell’abitazione, che fino al 2001 era affittata ad un’anziana signora, si trova un camino cinquecentesco di grande valore.
Ritorniamo sui nostri passi e riprendiamo il ramo principale della via che ci porta in una zona industriale dove però, sul muro all’angolo davanti a noi sulla destra, troviamo il cartello storico che rimanda alla casciana Gandina: si tratta dell’accesso dall’aia, ormai chiuso da catene e dalla vegetazione spontanea.
Proseguiamo ancora sul ramo principale fino a una curva verso destra, sul cui angolo si trova una cascina ormai murata, causa una precedente occupazione abusiva: si tratta della cascina Giugno (risalente almeno alla metà del XIX secolo), sita al civico 73 della via e in stato di degrado da circa un decennio; la sua struttura prevede un edificio abitativo disposto lungo la strada, prospiciente un corso d’acqua (che altro non è che il Cavo Ticinello, ivi giunto da Castellazzo), ed una corte sita sul retro, a forma di L data dalla presenza di un edificio rurale perpendicolare al precedente. Dall’aia partono due stradine che parallelamente conducono a Selvanesco, seguendo un antico tracciato di sentieri. Sulla sinistra della cascina si trova una zona militare: si tratta di un ripetitore del segnale televisivo; negli anni ’20 e ’30 del ventesimo secolo, infatti, la cascina era sede di un’importante stazione dalla RAI (allora EIAR).
Proseguendo verso il termine della strada, costeggiando una distesa di papaveri (nella bella stagione, ovviamente) si giunge alla cascina che dà il nome alla via, e che si trova al civico 90 della stessa.
La cascina Campazzino è inserita nel territorio del Parco del Ticinello, e appartiene al Comune di Miano come circa 383.000 mq di terreno di sua competenza (la restante parte di campagna, pari a 446.000 mq è di proprietà privata). Attualmente, dopo anni di abbandono e degrado, l’Associazione Amici del Parco Ticinello se ne sta prendendo cura, ed esiste anche un progetto di riqualificazione (vedi articolo a fianco).
La cascina, risalente al XVII secolo circa, ha una corte chiusa su tre lati, con edifici abitativi (lati nord e est) e rurali (lato ovest) attraverso la quale passa la via Campazzino stessa (che ora si perde poco dopo nel nulla ma una volta accompagnava il cavo Ticinello fino a Gratosoglio) e questo spiega il civico pari (l’entrata è sulla destra della via).
Poco prima dell’ingresso della cascina, sulla destra, si diparte un sentiero che porta alla ben nota Cascina Campazzo, di cui parlerò in un prossimo articolo.